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Il parassitismo (tradotto)

secondo Tolstój

Lev Tolstoj

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Bruno Osimo img Link Publisher

Geisteswissenschaften, Kunst, Musik / Allgemeines, Lexika

Beschreibung

Il saggio, che presentiamo qui in versione autonoma, originariamente era il nono capitolo del libro Put’ žizni [Il cammino della vita], del 1910, anno della morte di Lev Nikolàevič, che aveva ottantadue anni.
Sappiamo che la visione del mondo del grande pensatore ha avuto un’evoluzione notevole. Schematizzando, possiamo parlare di un primo periodo, fino al 1882, quando aveva cinquantaquattro anni, e pubblicò il libro Confessione. In questo primo periodo, in cui sono state create le opere più famose, Guerra e pace, Anna Karénina, la visione è ancora abbastanza ottimistica e relativamente conformista.
Dopo il 1882 incomincia una fase di crisi morale, nella quale a partire dalla propria vita personale mette in dubbio moltissime usanze della nostra società, come l’uso di sostanze stupefacenti (tra le quali annovera anche caffè alcol tabacco; si veda il saggio «Perché la gente si droga?» in questa collana), i costumi sessuali (dopo una vita di vizi e stravizi non solo coniugali, si scaglia contro qualsiasi attività sessuale, comprese quelle matrimoniali; si veda il saggio «Il desiderio sessuale» in questa collana), e anche la religione ufficiale (si veda il saggio «Religione e morale» in questa collana).
Essendo un intellettuale poliedrico e certamente fuori dagli schemi sia nella vita pratica sia in quella pubblica e intellettuale, evidentemente ha sentito il bisogno di esprimere questa sua visione morale anche in forma artistica, e quindi ha prodotto il suo più celebre romanzo breve, Sonata «Kreutzer».
Quello che desta ammirazione in Tolstój è che la sua logica non tiene conto di nessuna barriera ideologica, ma procede dritta per la sua traiettoria calpestando le fedi politiche, religiose, filosofiche quando queste si mettono di traverso rispetto al suo pensiero e ai suoi princìpi. Non ha nessun “rispetto”, se si vuole dirlo così. In questo saggio sul parassitismo, per esempio, esprime un pensiero impeccabile che potrebbe essere preso a modello da una retorica operaista o “proletaria”. Ma tale tentativo non avrebbe successo, perché noi tutti sappiamo per esperienza personale che i parassiti sono ovunque, dentro e fuori dalle istituzioni di destra e di sinistra, di poveri e di ricchi, di conservatori e di riformisti.
I parassiti sono dentro le nostre famiglie, sono i nostri fratelli maggiori, o magari i nostri figli o genitori. Sono i nostri colleghi, i superiori e i sottoposti. E proprio perché è un tema così trasversale, che unisce pubblico e privato, ci coinvolge ancora oggi oltre un secolo dopo.
«la schiavitù non è altro che l’uso da parte di alcuni del lavoro forzato di molti. E affinché la schiavitù non esista bisogna che le persone non desiderino usare il lavoro forzato degli altri, lo considerino un peccato o una vergogna. E nel frattempo si danno da fare per abolire la forma esteriore di schiavitù, dispongono in modo tale che non sia più possibile fare transazioni su schiavi, e immaginano e assicurano a sé stessi che la schiavitù non c’è più, ma non vedono e non vogliono vedere che la schiavitù continua a esistere, perché le persone continuano ad amare e considerare buono e giusto servirsi del lavoro degli altri. E appena lo considerano una cosa buona, ci sono subito persone più forti o più furbe di altre e in grado di farlo» scriveva Tolstój nella Sonata «Kreutzer» (sempre disponibile in questa collana).

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