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I risotti del Norditalia storia e ricette

Gian Paolo Spaliviero

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Ratgeber / Essen & Trinken

Beschreibung

Non a caso questo libro si intitola “I risotti del Norditalia”, perché non è possibile raccontare una storia del risotto, scopo del libro, senza coinvolgere le tre maggiore regioni del Nord: Piemonte, Lombardia e Veneto, in specie la Lombardia, ove in base alle attuali conoscenze ha avuto origine la manipolazione gastronomica del riso che noi usiamo chiamare “risotto”.
E allora vediamone per sommi capi la storia. Il risotto è un primo piatto tipico della cucina italiana, diffuso in numerose versioni in tutto il paese anche se più consumato al nord. La sua caratteristica principale è il mantenimento dell'amido che gelatinizzatosi a causa della cottura, lega i chicchi tra loro in un composto di tipo cremoso.
Tra le varie qualità di riso, ne esistono alcune particolarmente adatte alla preparazione del risotto (Arborio, Baldo, Carnaroli, Maratelli, RosaMarchetti,Sant'Andrea, Vialone nano). Gli altri ingredienti variano in relazione alla ricetta da preparare. C'è una concordanza di massima sulla procedura generale che prevede il preriscaldamento (tostatura) del riso nel tegame con sostanza grassa (burro, olio o altro) e una cottura a fuoco alquanto basso del riso stesso e dell'ingrediente vegetale o animale o misto, che deve essere costantemente seguita, aggiungendo progressivamente il liquido (brodo o succo) necessario a consentire l'assorbimento da parte dei chicchi di riso e la cottura in un costante equilibrio di umidità. In Piemonte in particolare esiste anche il sistema di fare il risotto mettendo subito tutto in una volta il brodo.
Esistono di conseguenza opinioni diverse sui particolari esecutivi ma anche sulla delimitazione del concetto di risotto, che nell'accezione più restrittiva esclude tutti i piatti in cui gli ingredienti non siano cotti esclusivamente per il tempo di cottura del riso. Nella definizione attuale di risotto sono invece comprese anche le versioni in cui gli ingredienti di condimento che cuociono assieme al riso siano stati assoggettati ad un precedente autonomo ciclo di cottura. Ne restano pertanto esclusi i piatti di riso in cui il
condimento viene aggiunto, come sulla pasta, a cottura ultimata.
Il sistema attuale di confezionare il risotto rappresenta il punto di arrivo di una lenta evoluzione nel corso di alcuni secoli.
Nei ricettari dal 1300 fino al 1800 in linea di massima il riso conosce una sola tecnica di cottura: lesso in acqua. I primi ricettari trecenteschi propongono infatti piatti nei quali il riso, lavorato in questo modo, svolge un ruolo importante. Il Biancomangiare dell'Anonimo Toscano prevede riso o in alternativa la farina di riso cotta con latte, zucchero, spezie e colorata con zafferano e tuorli d'uova. Il Biancomangiare di origine Catalana prevedeva invece le mandorle in aggiunta alla farina di riso, le spezie, lo zucchero, l'acqua di rose, ma non prevedeva lo zafferano, che sembrerebbe più un usanza italiana che arabo/spagnola.
Con Bartolomeo Scappi nella metà del'500 si parla per la prima volta di "Vivanda di riso alla Lombarda": riso bollito e composto a strati con cacio, uova, zucchero, cannella, cervellata e petti di cappone. Il colore giallo e' dato dalla presenza della cervellata, tipico insaccato milanese, colorato ed insaporito dallo zafferano.
 

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