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Storie di ciclismo a Donoratico

Enrico Pierini

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Kinder- und Jugendbücher / Sachbücher / Sachbilderbücher

Beschreibung

Il libro racconta la storia ciclistica dell'U.C. Donoratico che ha visto militare tra le sue fila anche l'attuale professionista Diego Ulissi; Donoratico, però, è stato anche il lugo dove ha vissuto l'ex ciclista Carlo Guarguaglini(1933-2010), gregario di Charly Gaul, Ercole Baldini, Gastone Nencini e Arnaldo Panbianco.Ma chi meglio di Auro Bulbarelli poteva presentare questa pubblicazione ricca anche di numerosi aneddoti?"Quei quattro chilometri" di Auro Bulbarelli: Bambolo-Bolgherese, quattro chilometri scarsi. Per me, infinitamente lunghi. Sono tuttora convinto che quel pezzo di strada sia in salita. Una pendenza lieve e inesorabile. La prima volta credevo di avere le ruote sgonfie. Le gambe non giravano, la bici pesava come un cancello. Al bivio di San Giusto volevo interrompere lo strazio. Non fosse stato per quel malcelato orgoglio che mi porto dietro, l’avrei fatto per davvero. Sognavo già una bibita gelata sotto il portico di Zì Martino e un ritorno dolce verso il Bambolo. In macchina non te ne rendi conto, ma in bici, andando dall’Aurelia verso Castagneto, si fa fatica boia. Soprattutto se sono venticinque anni che in bicicletta non ci vai. Feci pure un’intervista su quella strada: io accovacciato nel bagagliaio di una Tempra con accanto l’operatore della Rai e - dietro la nostra macchina - un giovane corridore del posto che era appena passato professionista e che aveva voglia di far bene nel ciclismo. Quel corridore era Paolo Bettini. Ce l’ho ancora quel nastro. Lo conservo come un cimelio. Al Bambolo ho conosciuto l’amicizia, quella vera, con Roberto Reggi; e incontrato la persona più bella del mondo, Alberta, la donna con cui sto condividendo la vita. Quei quattro chilometri per me rappresentano molto di pù che un Mont Ventoux o un Passo del Pordoi. Lì è cominciato tutto, alla fine degli anni ’90, quando ancora non avevo deciso quale sport seguire come telecronista. Bevevo Coca-Cola, a quel tempo. Scoprii vini leggendari come il Masseto o il Sassicaia. Ero abituato a una Forte dei Marmi patinata e finta; qui ho valorizzato luoghi ai quali lo scorrere del tempo non è riuscito a strappare quella grezza e struggente anima maremmana. C’è gente vera qui. Non invadente ma rispettosa. Chiusa, nel senso buono del termine. Il Guarguaglini, ad esempio. Quante volte avrebbe potuto invitarmi, chiedermi qualcosa, organizzare una serata o un evento. Non l’ha mai fatto. Sono convinto che il motivo sia da ricercare nella sua sana e rigorosa forma di discrezione. A casa sua ci sono andato una volta sola, per delle riprese alla squadra Lampre in occasione di un ritiro invernale. Rammento un tagliolino al pomodoro straordinario nella sua semplicità e un’intervista a cuore aperto con uno dei pochi corridori che ho amato per davvero: Frank Vandenbroucke. Il Guarguaglini guardava compiaciuto, al di là del bancone. Lo vedevi che era felice, lì c’era il suo universo di passione. Ma non fece un passo oltre il suo professionale ruolo di albergatore. Gli bastarono una stretta di mano e un sorriso. Quando conobbi Gaul, a Città di Lussemburgo nel 2002, provai un’emozione così alta che avrei voluto chiedergli tutto e alla fine feci con lui solo una foto ricordo. Vengo dalla città di Learco Guerra, l’uomo che fece volare Charly Gaul nella bufera del Bondone. Così come a Gaul, avrei voluto domandare tante cose al Guarguaglini... sulla mitica EMI, sull’angelo della montagna, sul leone del Mugello, su quel Tour del ’62... ma il tempo purtroppo è scivolato via troppo in fretta. Quando ripasserò dal bivio di San Giusto, dopo quei terribili quattro chilometri, avrò due pensieri fissi: quell’utlima immagine con Sauro, che mi accompagnava felice nelle nostre uscite in bici ai 23 di media e lo sguardo serafico di Carlo Guarguaglini al di là del banco, e a quelle serate che avremmo dovuto e potuto trascorrere insieme.

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