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ESSENI - Quod omnis probus - Filone Alessandrino

Angelo Filipponi

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Sachbuch / Vor- und Frühgeschichte, Antike

Beschreibung

Abstract Filone, il sommo theologos alessandrino, descrive l’esseno come un santo, il cui ideale di vita è quello della pura tradizione giudaica mesopotamica, rotta prima dall’ellenismo lagide e seleucide e poi dal militarismo di Roma. La volontà di ritorno al sogno e alla memoria di un popolo di filosofi non è, però, conforme alla realtà di guerra - dopo l’invasione romana con due conquiste di Gerusalemme - e risulta un tentativo di mediazione e di giustificazione del popolo eletto, figlio di Dio, destinato all’annientamento, perché zelante di fede e zelota che, incapace di piegarsi alla divinizzazione ektheosis di Gaio Caligola, preferisce morire per non sacrificare ad un signore mortale. Sotto il regno di Tiberio e di Gaio Caligola il giudaismo ha coscienza di un naufragio generale (Legatio ad Gaium ) e quindi Filone sa bene che non esiste più un popolo di sacerdoti e di filosofi, ma un genos (sia aramaico che ellenestico) che combatte per la propria patria, pur conscio della superiorità militare romana. Se Filone, comunque, facendo apologia nel contesto ellenistico, esalta la memoria della cultura giudaica, Flavio, invece, per opportunismo politico, nasconde l’eroismo degli esseni- come quello degli zeloti e dei sicari- anche se non può non celebrare il martirio di 4000 uomini, torturati ed uccisi dalla decima legione di Vespasiano nel 68 d.C. I christhianoi, infine, dopo la distruzione del tempio e specie dopo la “galuth“ di Adriano, nonostante la condanna tacitiana della stirpe giudaica, considerata teterrima, riprendendo Filone, creano il “muthos” della santità essenica, comunitaria, col celibato sacerdotale, avendo bisogno di un modello di “perfezione/teleiosis” per costituire la “ecclesia”, e “copiano” i riti essenici dell’iniziazione e della mensa, proponendosi, nel sistema di corruzione pagana, come puro exemplum di vita pratica alla cultura romano-ellenistica.

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