La Violenza sulle Donne e le Dinamiche della Vittimizzazione Secondaria
Jessica Ponti
* Affiliatelinks/Werbelinks
Links auf reinlesen.de sind sogenannte Affiliate-Links. Wenn du auf so einen Affiliate-Link klickst und über diesen Link einkaufst, bekommt reinlesen.de von dem betreffenden Online-Shop oder Anbieter eine Provision. Für dich verändert sich der Preis nicht.
Sozialwissenschaften, Recht, Wirtschaft / Medien, Kommunikation
Beschreibung
Questa tesi nasce dalla
collaborazione di diversi docenti che mi hanno dotata di preziosi strumenti di analisi in modo da indagare la tematica da diverse prospettive.
Partendo da dati e report ho cercato di spiegare indicativamente quante siano
le donne, nel nostro paese, a non presentare denuncia quando subiscono violenza e quali siano le motivazioni che le spingono a
non chiedere aiuto che possono essere diverse: paura di ritorsioni, timore di non essere credute, isolamento e mancanza di autonomia economica ecc. A queste si aggiunge anche
il rischio di “vittimizzazione secondaria”.
La vittimizzazione secondaria è
il secondo livello di violenza che la vittima subisce: se l’atto violento rappresenta il primo livello di violenza, la persona che lo subisce può andare incontro ad un ulteriore violenza attuata
da società, media e istituzioni.
Dalle istituzioni attraverso trascuratezza e imprecisioni delle misure di tutela alla vittima; dai media attraverso una comunicazione ripetitiva che
empatizza con l’aggressore e favorisce la romanticizzazione della violenza; dalla società attraverso la stigmatizzazione sociale della vittima che, oltre a esser riconosciuta tale,
spesso non viene creduta o le si attribuisce la colpa della violenza subita.
Alla base di questo fenomeno
vi sono gli stereotipi che possono coinvolgere anche i professionisti delle diverse istituzioni: essendo semplificazioni del ragionamento che intervengono nella nostra
rappresentazione della realtà, è a causa di questi che la violenza viene aggravata dalla vittimizzazione secondaria.
Attraverso
la teoria del mondo giusto di Lerner ho potuto spiegare come noi ci costruiamo aspettative sulla vittima di violenza, su come debba essere o comportarsi. Se rispetta tali aspettative, tali canoni morali che ritengo giusti,
sarò più propensa a considerarla una vittima; se invece queste aspettative vengono disattese, sarò più propensa ad attribuirle la colpa della violenza subita: poiché
l’idea che l’ingiustizia possa colpire persone innocenti risulta quasi intollerabile, finiamo col supporre che se una persona è stata vittima di violenza deve per forza
aver fatto qualcosa di sbagliato.
In questa tesi sottolineo il ruolo basilare dei
media come veicolo di questi stereotipi e anche la responsabilità del giornalista nel rappresentare la violenza sulle donne che ha quindi un dovere verso la società: quello di fornire
un’informazione attenta e corretta che è la base di qualsiasi impegno educativo e formativo.
La vittima, inoltre, passa attraverso la vittimizzazione secondaria anche dei
professionisti istituzionali come giudici, avvocati, forze dell’ordine. Gli stereotipi arrivano fino alle aule di tribunale in cui spesso alle
testimonianze della vittima vengono attribuiti numerosi aggettivi riferiti alla sua credibilità e stabilità emotiva.
Infine questo elaborato
ha vinto il premio come migliore tesi di laurea magistrale per il contrasto alla violenza sulle donne dell’
Associazione Perledonne ODV.
Kundenbewertungen
donne, istituzioni, società, media, vittimizzazione secondaria, testimonianze, violenza, stereotipi, vittima