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La Violenza sulle Donne e le Dinamiche della Vittimizzazione Secondaria

Jessica Ponti

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Sozialwissenschaften, Recht, Wirtschaft / Medien, Kommunikation

Beschreibung

Questa tesi nasce dalla  collaborazione di diversi docenti che mi hanno dotata di preziosi strumenti di analisi in modo da indagare la tematica da diverse prospettive.
Partendo da dati e report ho cercato di spiegare indicativamente quante siano  le donne, nel nostro paese, a non presentare denuncia quando subiscono violenza e quali siano le motivazioni che le spingono a  non chiedere aiuto che possono essere diverse: paura di ritorsioni, timore di non essere credute, isolamento e mancanza di autonomia economica ecc. A queste si aggiunge anche  il rischio di “vittimizzazione secondaria”.
La vittimizzazione secondaria è  il secondo livello di violenza che la vittima subisce: se l’atto violento rappresenta il primo livello di violenza, la persona che lo subisce può andare incontro ad un ulteriore violenza attuata  da società, media e istituzioni.
Dalle istituzioni attraverso trascuratezza e imprecisioni delle misure di tutela alla vittima; dai media attraverso una comunicazione ripetitiva che  empatizza con l’aggressore e favorisce la romanticizzazione della violenza; dalla società attraverso la stigmatizzazione sociale della vittima che, oltre a esser riconosciuta tale,  spesso non viene creduta o le si attribuisce la colpa della violenza subita.
Alla base di questo fenomeno  vi sono gli stereotipi che possono coinvolgere anche i professionisti delle diverse istituzioni: essendo semplificazioni del ragionamento che intervengono nella nostra  rappresentazione della realtà, è a causa di questi che la violenza viene aggravata dalla vittimizzazione secondaria.
Attraverso  la teoria del mondo giusto di Lerner ho potuto spiegare come noi ci costruiamo aspettative sulla vittima di violenza, su come debba essere o comportarsi. Se rispetta tali aspettative, tali canoni morali che ritengo giusti,  sarò più propensa a considerarla una vittima; se invece queste aspettative vengono disattese, sarò più propensa ad attribuirle la colpa della violenza subita: poiché  l’idea che l’ingiustizia possa colpire persone innocenti risulta quasi intollerabile, finiamo col supporre che se una persona è stata vittima di violenza deve per forza  aver fatto qualcosa di sbagliato.
In questa tesi sottolineo il ruolo basilare dei  media come veicolo di questi stereotipi e anche la responsabilità del giornalista nel rappresentare la violenza sulle donne che ha quindi un dovere verso la società: quello di fornire  un’informazione attenta e corretta che è la base di qualsiasi impegno educativo e formativo.
La vittima, inoltre, passa attraverso la vittimizzazione secondaria anche dei  professionisti istituzionali come giudici, avvocati, forze dell’ordine. Gli stereotipi arrivano fino alle aule di tribunale in cui spesso alle  testimonianze della vittima vengono attribuiti numerosi aggettivi riferiti alla sua credibilità e stabilità emotiva.
Infine questo elaborato  ha vinto il premio come migliore tesi di laurea magistrale per il contrasto alla violenza sulle donne dell’ Associazione Perledonne ODV.

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Schlagwörter

donne, istituzioni, società, media, vittimizzazione secondaria, testimonianze, violenza, stereotipi, vittima